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Cronache dal Metaverso: L’arte secondo le intelligenze artificiali.

Lettura da 8 minuti

Le comunità online si sono mostrate estremamente recettive nei confronti del potenziale delle intelligenze artificiali generative. Programmi come Chat GPT e intelligenze artificiali text-to-image (TTI) come DALL-E e Midjourney hanno reso la vita online più divertente e creativa che mai. La discussione sulle intelligenze artificiali generative è spesso polarizzata tra chi si mostra entusiasta e ottimista, e i professionisti dei settori artistici e di grafica, preoccupati per il futuro del proprio lavoro. Da cosa nasce la nuova mania per i programmi TTI e come possiamo conoscere più a fondo questo fenomeno frammentato e in continua evoluzione?

Cronache dal Metaverso offre una guida semplice e immediata al nuovo Internet 3.0 e ai fenomeni di massa come le tecnologie text-to-image. Le perplessità nate dalle comunità di artisti e grafici sono fondate, ma si fanno segnale di grandi incomprensioni riguardo le intelligenze artificiali e il loro ruolo all’interno dei processi creativi. L’host di Cronache dal Metaverso Filippo Lubrano ha dialogato con Francesco D’Isa, illustratore e autore, fondatore della rivista “L’Indiscreto”, per offrire un panorama completo delle tecnologie TTI e per tranquillizzarci riguardo il ruolo dell’arte ai tempi delle intelligenze artificiali. 

Fino al 2010-2011, Francesco D’Isa ha lavorato nel mondo dell’arte visiva sfruttando strumenti digitali come software per l’illustrazione: da qui nasce l’interesse per la produzione di immagini in formato digitale in tempi in cui in Italia non era ancora diffuso l’uso e la conoscenza di Adobe Photoshop. Francesco D’Isa ha seguito fin da subito l’avvento delle prime tecnologie generative e ha iniziato il proprio percorso con Art Breeder. Successivamente ai lavori nel campo dell’illustrazione, vede nella scrittura, nella saggistica e nella critica uno sbocco più vicino alle proprie inclinazioni: è nell’unione tra parola e immagine che D’Isa trova il proprio campo d’interesse. 

Le tecnologie generative lavorano secondo un processo di “diffusione”, una tecnica di machine learning che funziona grazie ad un database di miliardi di immagini. Su queste immagini sono applicate delle etichette; il programma impara a riconoscere le figure con il metodo della diffusione (attraverso varie prassi e livelli di machine learning) da un punto di vista statistico. Partendo da un rumore, da un’immagine priva di senso -un ammasso di pixel – l’intelligenza artificiale generativa fa riemergere ciò che da un punto di vista statistico più si avvicina al comando testuale immesso dall’utente. 

Immagini e testi sono legati da processi complessi. Le nuove intelligenze artificiali generative lavorano in base a dei prompt, input testuali immessi dagli utenti e che descrivono i soggetti, lo stile e la composizione dell’immagine che si vuole ottenere. L’uso dei prompt prevede l’uso di un linguaggio testuale specifico in quanto anche la minima differenza può portare ad un risultato indesiderato. Il comando testuale cambia in base al tipo di programma – per ottenere risultati soddisfacenti e vicini a quello che si desidera, si adatta un linguaggio adatto. Da qui abbiamo assistito alla nascita di un mercato parallelo solo per i prompt che divide il pubblico tra scettici ed ottimisti. Francesco D’Isa ha condiviso su Cronache del Metaverso la propria posizione di diffidenza: il prompt non è valido se non per una serie di immagini con un tema identico o analogo, ed è per questo importante generare il prompt che descrive al meglio l’immagine che vogliamo ottenere.

L’univocità e l’originalità dei prompt, però, non serve per spegnere i dubbi riguardo l’uso delle tecnologie TTI all’interno degli spazi creativi. Artisti e illustratori hanno dato origine a veri e propri movimenti di protesta contro le immagini generate da intelligenze artificiali – qual è, quindi, il nuovo destino dei lavori creativi? 

Secondo Francesco D’Isa, è molto probabile che le intelligenze artificiali generative diventino un tool al servizio dei creativi senza sostituire del tutto il lavoro degli artisti. Già oggi, le persone che riescono a destreggiarsi al meglio con programmi come Midjourney sono i professionisti con un’educazione visiva, artistica e grafica che permette loro un avvicinamento più facile e dinamico a questi nuovi strumenti. Sono grafici pittori, artisti, stilisti, architetti  o appassionati di arte, persone che avevano una cultura visuale e informatica già a priori a produrre immagini con un proprio stile, diverso da quello che viene definito con disprezzo uno “stile Midjourney”. La creatività e il lavoro resterà nelle mani delle persone che hanno una formazione all’immagine, conoscenza e professionalità: è l’inizio di un mercato con nuovi strumenti, e l’arte reagirà di conseguenza ai nuovi metodi di creazione. 

Permane, comunque, la dicotomia tra chi prova a giocare in questo settore e chi vede a repentaglio il proprio lavoro. Questa discussione ha dato vita a cause legali che potrebbero, in futuro, decidere il ruolo che le AI avranno nel mondo dell’arte. Chi farà la differenza non saranno i piccoli artisti e i lavoratori, ma le grandi aziende che denunceranno un uso improprio delle immagini sotto copyright: l’esempio più conosciuto è la causa portata avanti da Getty Images. Le grandi multinazionali del mondo dell’arte e dell’intrattenimento cavalcheranno in maniera opportunistica i dubbi e le preoccupazioni dei piccoli artisti, mettendo in gioco una possibile evoluzione dell’uso delle intelligenze artificiali generative: le grandissime aziende potranno programmare e creare dei software, arrivando ad imporre prezzi e standard.

Dal punto di vista lavorativo, questa lotta è del tutto controproducente: non saranno le intelligenze artificiali delle multinazionali a salvare il lavoro degli artisti. L’elemento che fa la differenza sarà l’implementazione delle nuove tecnologie generative all’interno del mercato, com’è già successo in passato con le motion graphics ed altre tecnologie innovative nel mondo dell’arte. La fotografia, ad esempio, ha plasmato l’arte del Novecento e l’ha resa ciò che la conosciamo ora; anche nei  momenti di opposizione e rigetto, la fotografia ha generato delle risposte e delle alternative, una rivoluzione cognitiva immensa che non ha ucciso la pittura, ma l’ha cambiata.

La discussione sui lavori creativi messi in pericolo dalle AI si mostra come una questione sociale, più che tecnologica: evitare gli allarmismi ci aiuta ad avere una posizione più lucida e sensibile verso i piccoli professionisti indipendenti. 

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