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Il Metaverso è in crisi? Per Signorelli non è mai esistito

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In “Cronache dal Metaverso” il giornalista di Wired e Repubblica articola il suo pensiero tra convergenza dei mondi, monopolio dei contenuti e media parziali.

Anche le maggiori piattaforme da cui è più immediato accedere al metaverso stanno facendo fatica, nonostante i grandi investimenti fatti alla base che ambivano a trasformare il metaverso in una piattaforma di attività quotidiane e operative più che esclusivamente adibita al gaming. È per questo che Andrea Daniele Signorelli, collaboratore e giornalista freelance per testate attente all’innovazione come WIRED, La Repubblica e Domani, ha uno sguardo molto critico rispetto alla bolla speculativa generata da Mark Zuckerberg con Meta. Ed è per questo che la conversazione nata tra lui e Filippo Lubrano, host del podcast Cronache dal Metaverso, è stata particolarmente interessante.

Lo spunto di partenza è stata una riflessione rispetto alla gamification, che sempre più pervade le nostre vite in maniera sempre meno salutare, anche in ambito lavorativo. Due sono gli esempi che illustrano quanto questa dinamica, che mette i colleghi in competizione, può diventare estenuante se inserita nel mondo del lavoro. In alcuni centri Amazon si possono trovare degli schermi che mostrano delle macchinine su un percorso, le quali si muovono più o meno veloci a seconda di quante task completa un impiegato. Ancora più distopica è la situazione che si è creata sotto un Disneyland Resort in California, dove i nomi degli addetti alla lavanderia erano “valutati” in tempo reale sui monitor in base alle aspettative di produttività del management, dando pochissimi attimi di tregua dai fumi roventi di stiratrici e asciugatrici industriali.

Insomma, la gamification può essere uno strumento che incentiva fin troppo la produttività e, se utilizzata senza coscienza, può diventare un modo di estrarre più del dovuto dagli impiegati, anche a scapito di altro. Il secondo grande punto esaminato nella chiacchierata è quello dell’interoperabilità del web in senso lato: sempre più la rete si sta frammentando (i firewall di Cina, Russia, Iran, Corea del Nord, Cuba sono gli esempi più lampanti), rendendo ancora più utopica l’ambizione che di creare uno spazio unico interconnesso, accessibile da tutti nello stesso momento.

In questo scenario, come possiamo immaginarci dei social media futuristici?

Lo sguardo critico di Andrea Signorelli suggerisce che non potranno esistere, al di fuori del social gaming. Questo perché, per coinvolgere un grande numero di persone, la creazione di contenuti dev’essere comprensibile da tutti e la barriera costituita dall’imparare a creare oggetti virtuali 3D richiede molto più sforzo per essere superata rispetto allo scrivere un post su Facebook o pubblicare una foto su Instagram. Il fenomeno dello splinternet e della censura sono i due mondi che si fondono nel pensiero di Jean Baudrillard, un filosofo di formazione tedesca che ha parlato della relazione tra simulazione e realtà, convinto che la prima stia piano piano erodendo l’autenticità della nostra vita. Strizzati tra i due mondi, quest’autenticità sembra tangibile a stento e l’innato desiderio di socialità ci porta a ritirarci dai palcoscenici virtuali, a meno che non si diventi creator professionisti, per avvicinarci ai “digital campfires” dove possiamo comunicare con cerchie più intime di persone, come per esempio Discord, Telegram e Whatsapp.

Non possiamo sottovalutare, in uno scenario che non appare tra i migliori, come le nostre aspettative siano state in una certa misura manipolate. L’immenso potere che la Silicon Valley ha sullo storytelling mediatico è quasi surreale: convincendo milioni di persone che “grazie a Meta sarebbe cambiata la nostra fruizione di internet in pochissimo tempo” sono stati scritti articoli esaltati, che sognavano come l’introduzione di questa nuova tecnologia avrebbe rivoluzionato le nostre vite. Questi hanno fatto salire in altissimo le aspettative, mentre dobbiamo essere realistici: la realtà aumentata è una tecnologia interessantissima, da studiare negli anni a venire. Riusciremo a creare uno spazio unico, interconnesso e interoperabile? Probabilmente no, ma la sperimentazione è il primo passo per arrivare a scoperte importanti, che potrebbero farci percorrere sentieri sconosciuti.

E chissà cosa ci riserva il futuro.

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