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Il più grande ratto di New York

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Era una strana mattina di novembre, quando accadde. Era il tempo dei grandi orizzonti, degli affanni e delle lente speranze, e New York, la città dei sogni inafferrabili, ne era il palcoscenico. Ebbene, è proprio lì, nel cuore pulsante della metropoli, in mezzo a Central Park, che fece la sua prima apparizione il più grande ratto di New York.

Un ratto enorme, per l’appunto. Aveva un pelo scuro, screziato di grigio e marrone, e occhi profondi come pozzi d’inchiostro. Ma, a dispetto dell’aspetto, quello che colpiva era il suo modo di muoversi, quasi danzando tra gli alberi, con un’armonia sconosciuta ai suoi simili.

Un giorno, senza alcuna preavviso, il ratto si fermò su una panchina e, con un gesto degno dei migliori attori, aprì un libro e iniziò a leggere. A leggere! La voce, era una melodia dolce, un canto d’amore e tristezza, un inno alla vita e alle sue contraddizioni.

In un attimo, la notizia si sparse, e una folla di curiosi si radunò intorno a lui. Centinaia di persone, incantate, ascoltavano quella voce che dava forma alle parole scritte. E per un breve periodo, il ratto divenne il cuore di una New York sospesa tra il desiderio di grandezza e la paura dell’ignoto.

Ma, come spesso accade, il tempo e l’abitudine hanno il potere di cancellare la meraviglia. E fu così che, progressivamente, la gente cominciò a dimenticare il ratto e la sua voce. Gli affanni quotidiani e le piccole vittorie riempivano le loro giornate, come il vento riempie le vele di una nave diretta verso l’ignoto.

Il ratto continuò a leggere, in mezzo a Central Park, ma ormai nessuno si fermava più ad ascoltarlo. La folla si era dispersa, e l’eco della sua voce si perdeva tra il fruscio delle foglie e il rumore delle macchine. Eppure, in qualche modo, la sua presenza rimaneva, come un’ombra sfuggente, un ricordo sbiadito, una melodia lontana che risuona nelle profondità del cuore.

E la storia si chiude così, senza morale, senza giudizio. Il ratto, il più grande ratto di New York, continuò a leggere, nel silenzio di un Central Park ormai indifferente, nella città dei sogni che aveva dimenticato il suo straordinario narratore. E le parole, come foglie al vento, si disperdevano nel tempo, lasciando dietro di sé solo l’eco di una storia che era stata, e che non sarebbe più stata.

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