Mirko Lalli racconta nell’ultima puntata di Cronache dal Metaverso alcune soluzioni alternative per combattere le piaghe di alcuni turismi, come l’overtourism. A partire da quella campagna delle Faroe…
Le idee di Mirko Lalli in merito all’evoluzione del turismo sono chiare: più che il metaverso immersivo in 3D, sfrutteremo la realtà aumentata per arricchire le nostre esperienze in viaggio.
Durante l’ultimo episodio della prima stagione di Cronache dal Metaverso, Filippo Lubrano ha fatto una chiacchierata con il fondatore di The Data Appeal Company per comprendere come l’ecosistema di metaversi (purtroppo non ancora unificati e interoperabili) che ci circonda aiuterà a risolvere alcuni dei problemi più grandi che affliggono l’industria del terzo settore.
Un ostacolo che annualmente affrontano alcune località turistiche è quello della gestione dei flussi di persone, il cosiddetto “overtourism”, termine che Lalli depreca: la concentrazione della maggioranza dei visitatori in determinati periodi spesso diventa un serio problema per le strutture che devono ospitarli. Per combattere questo fenomeno, si cerca di “destagionalizzare” il turismo, rendendo una meta appetibile in momenti diversi dell’anno o semplicemente lungo archi di tempo più lunghi, al fine di distribuire i visitatori in archi di tempo più lunghi.
Tra i migliori risolutori di problemi ci sono gli algoritmi a patto che siano popolati da un campione di dati sufficiente.
Grazie alle informazioni fornite da aziende come quella di Mirko Lalli alle destinazioni turistiche, si sono riusciti a sviluppare strumenti che permettono un oscillamento dinamico dei prezzi, proporzionale alla quantità di persone che affollano una destinazione, ed esperienze che permettono di visitare determinate località grazie a caschi di realtà virtuale.
In particolare, quest’ultima possibilità è stata resa il centro di una campagna di comunicazione delle Isole Faroe nel 2020: “Visit Faroe Islands” ha chiesto ai turisti di non visitare le isole, vista la pandemia che stava colpendo il mondo; in compenso, è stata offerta la possibilità di esplorarle attraverso una telecamera a 360° posizionata sulla testa di una persona che si muoveva seguendo i comandi che venivano dati da remoto, in una sorta di videogioco reale che ha strappato consensi dal grande pubblico e dagli addetti ai lavori.
“Tutto parte dal reale”, come dice Lalli. E vi ritorna: quello che si fa in VR dev’essere un modo per arricchire le esperienze che facciamo in viaggio, e non sostituire il concetto di viaggio stesso. Non è credibile pensare alle prossime generazioni di umani senza viaggi.
Ad ogni modo, è bene ricordare che i cambiamenti arriveranno a influenzare veramente l’essenza del turismo solo nel momento in cui renderanno l’esperienza più semplice e più piacevole per chi ne fruisce.
Consideriamo che moltissimi di noi partono già dal mondo virtuale: la prenotazione dei biglietti viene ormai fatta quasi sempre online, influenzati dagli stessi algoritmi che, traslati in un mondo virtuale, vogliono aiutare la crescita del mercato intorno al metaverso. La possibilità di vedere un luogo prima di essere lì fisicamente, che sia un appartamento o una spiaggia, è un vantaggio da non sottovalutare.
Se delle connessioni performanti copriranno una parte sufficiente della superficie terrestre e le tecnologie immersive verranno democratizzate al livello degli smartphone, il mondo del turismo ha davanti (e in parte dentro, già adesso) un futuro sostanziato da algoritmi e un turismo ibrido che oggi sembra il sogno distopico di un appassionato di fantascienza.