Nel quartiere industriale di Tallinn, tra i fumi e le ombre delle fabbriche, viveva un uomo baffuto di nome Aleksandr. Era un uomo dal viso rugoso, segnato dalle fatiche e dalle delusioni della vita. Trascorreva le sue giornate lavorando duramente in una fabbrica, cercando di guadagnarsi il pane per vivere prima di camminare lungo la strada di casa, costellata di marciapiedi rotti e crepe lasciate dall’usura del tempo. Un giorno, mentre solcava quel triste sentiero, i suoi occhi si posarono su una pianta insolita che spuntava dalle crepe del marciapiede. Era una pianta alta e snella, con foglie scure e fiorellini dal colore sbiadito. Ciò che catturò l’attenzione di Aleksandr furono i suoi semi. Ogni seme aveva delle parole scritte sopra, parole che danzavano come stelle in un cielo notturno.
Aleksandr ne rimase affascinato. Incuriosito, raccolse alcuni semi e spinto dalla curiosità e dal suo bisogno di sigarette, decise di provare a masticarne uno. Appena il seme toccò le sue labbra, Aleksandr si sentì invaso da una strana sensazione di calore, come se un fuoco si fosse acceso nel suo petto.
Immediatamente, parole cominciarono a sgorgare dalla sua bocca con una fluente facilità. Era come se quei semi contenessero il potere di rendere eloquente chiunque li ingerisse. La sua voce si fece melodiosa, le sue parole avevano il potere di toccare l’anima delle persone. L’uomo baffuto si sentì trasformato, come se finalmente avesse scoperto il suo vero potenziale. Senza pensarci due volte, Aleksandr raccolse quei semi preziosi. Con questa nuova eloquenza, Aleksandr decise di cercare fortuna presso la fabbrica in cui lavorava come operaio. Parlò con passione ai suoi superiori, utilizzando le parole dei semi per convincere i suoi superiori a dargli una promozione e un aumento di stipendio. La sua eloquenza era tale che tutti ascoltavano attentamente le sue parole e accoglievano le sue richieste con entusiasmo, così fu promosso e gli fu affidata una posizione di rilievo all’interno dell’azienda.
Aleksandr si sentiva come un uomo nuovo, un uomo che aveva finalmente ottenuto il riconoscimento che meritava. Eppure, sapeva che tutto era effimero: la pianta che aveva dato voce alle sue parole stava morendo, sfiorendo l’ultima fase del suo ciclo vitale. Ogni giorno, produceva meno semi e le sue foglie cominciavano a raggrinzirsi. L’uomo temeva che, una volta finiti gli ultimi semi, sarebbe stato privato della sua nuova abilità, la sua eloquenza era destinata a svanire come un sogno.
Il giorno fatidico arrivò. L’ultima parola sgorgò dalla bocca di Aleksandr, e la pianta, esausta, si accasciò sul marciapiede. Non appena i superiori si resero conto che Aleksandr aveva perso la sua capacità di comunicare, si rivelarono talmente delusi e da decidere di licenziarlo. La promozione si rivelò effimera, come una fiamma che arde nel buio, apparentemente luminosa ma incapace di dissipare veramente le tenebre circostanti. Aleksandr si sedette sul marciapiede rotto, accendendo l’ultima sigaretta di fianco alla pianta morta che giaceva accanto a lui e si sentì rassegnato. Le ciminiere della fabbrica dietro di lui sputavano fumo, come il suo destino aveva sputato su di lui. In quel momento, realizzò che la pianta Sputaparole era stata solo un’illusione, una fiamma fugace che aveva dato colore alla sua esistenza grigia.
E così, Aleksandr fumò lentamente la sua sigaretta, consapevole della fragilità delle speranze umane, del potere effimero che può portare un dono e della crudeltà di un mondo che spesso si rivela indifferente alle lotte di coloro che lottano nel buio.