Nell’era dell’automazione e dei “Non sono un robot”, gli umani che stanno dietro all’alimentazione dei dati per le IA stanno delegando il proprio lavoro. Ad altre IA.
Le IA sostituiranno il lavoro umano? È improbabile, anche se la speranza in un futuro in cui sarà possibile affidare le task più tediose e meccaniche a una mente artificiale ha reso possibile il velocissimo avanzamento tecnologico che stiamo vivendo.
La paura è che le IA sostituiscano l’uomo perché più efficienti e più veloci, ma gli umani sono ancora indispensabili, persino per le IA stesse. La quantità di dati occorrente per allenare le intelligenze artificiali va oltre l’immaginazione: il mercato del lavoro manuale – e quasi amanuense – legato alle IA è costellato da aziende multimilionarie che si occupano di trovare più persone possibile per etichettare, catalogare e ricontrollare data, risolvere CAPTCHA e altre mansioni che permettono il corretto funzionamento di servizi come ChatGPT o Alexa.
Si pensava, e si pensa ancora, che questo tipo di lavoro umano “dietro le quinte” delle IA non sarebbe servito a lungo una volta raggiunto una completa autonomia delle intelligenze artificiali. Come è possibile notare dall’interessante articolo “Inside the AI Factory” di Josh Dzieza – nato da una collaborazione tra il New York Magazine e The Verge – il lavoro di scrematura, organizzazione e correzione di data è l’infrastruttura stessa delle IA. L’intelligenza umana è alla base dell’intelligenza artificiale e lo sarà sempre, per questo motivo occorre considerare queste mansioni come lavori veri e propri. Ed è proprio qui che la situazione si complica. Esistono compagnie che operano come fornitori di dati e che si nascondono dietro a nomi più conosciuti come OpenAI, Google e Microsoft, aziende di outsourcing – che vengono definite “call-center-like offices” dall’articolo di Dzieza – e altri siti di crowdsourcing, come Amazon Mechanical Turk che dal 2005 offre lavori pagati di raccolta e analisi dati ai fini del machine learning. Potenzialmente, tutti possono essere dei validi candidati per questo tipo di mansioni se disposti, o costretti, ad accettare paghe esponenzialmente sotto la media e ritmi di lavoro deumanizzanti.
Le persone che lavorano per Mechanical Turk, ad esempio, guadagnano una media di $2.83 all’ora, ovvero il 39.5% della paga minima media negli Stati Uniti ($7.25 all’ora). La paga, già molto svantaggiosa, non copre inoltre la quantità di “lavoro invisibile” che permette di avere delle entrate mensili stabili come la ricerca di richieste di lavoro, la formazione o la gestione dei pagamenti.
Questi lavoratori non vengono adeguatamente ricompensati per la quantità di lavoro al quale vengono sottoposti e la velocità in cui è necessario portare a termine i compiti: per questo motivo, con un plot twist ironico, molti di loro decidono di delegare proprio alle IA il proprio lavoro per le IA, per poter completare il maggior numero di task nel minor tempo possibile. Un gruppo di ricercatori del Swiss Federal Institute of Technology (EPFL) ha condotto una ricerca assumendo 44 persone presenti nella piattaforma Mechanical Turk per sintetizzare 16 estratti da paper accademici di medicina. I ricercatori hanno poi analizzato le sintesi ottenute con una IA allenata da loro stessi per riconoscere tracce di lavoro svolto da ChatGPT (ad esempio, scarsa varietà di parole usate) o altri segnali che lasciano intendere un uso di intelligenze artificiali. Le persone ad aver usato delle IA per portare a termine il compito sono tra il 33 e il 46%, percentuale che, secondo gli studiosi, non potrà che aumentare con la crescita di richieste di lavoro per analisi di data. Quali sono le conseguenze di questo cambio di dinamiche all’interno delle piattaforme di crowdsourcing?
È probabile che usare dei dati generati da IA per allenare le IA non farà che reiterare gli errori commessi dalle intelligenze artificiali, con un meccanismo noto in ingegneria come “feedback positivo”. Gli errori presenti nei contenuti generati e usati per costituire altri modelli di intelligenza artificiale verranno amplificati con il corso del tempo rendendo impossibile la rintracciabilità del problema originario. Ancora una volta, dobbiamo renderci conto dell’importanza che il lavoro umano ha ai fini del progresso delle intelligenze artificiali: la diluizione del “fattore umano” è un problema che non può essere ignorato a lungo termine.
Le difficoltà legate alle task di controllo e raccolta di dati si ripercuotono sull’intera struttura e hanno causato la perdita dell’unicità e della ricchezza del linguaggio umano, rendendo le IA utili e affascinanti ai nostri occhi.