Una perla nera nella “fase 4”

Black Panther: Wakanda Forever è stato prodotto da Marvel Studios e distribuito, come tutte le pellicole ambientate nel Marvel Cinematic Universe degli ultimi anni, da Walt Disney Studios Motion Pictures. Ispirato alla trama del fumetto Marvel di Black Panther, è stato diretto e scritto da Ryan Coogler (regista di Creed e del primo capitolo nella serie di Black Panther), in collaborazione con 11 delle star che hanno poi recitato nel film.

L’universo raccontato nel MCU ha chiari legami con mitologie di diverse epoche e luoghi, è una rappresentazione moderna di storie che vengono raccontate seguendo in modo piuttosto preciso lo schema narrativo canonico.

DIVISI DAL COVID, UNITI DAL LUTTO

Si sono presentati due grandi ostacoli durante la produzione: la sospensione delle riprese per aspettare il rientro negli Stati Uniti di Letitia Wright e la morte di Chadwick Boseman.

Letitia Wright, dopo un infortunio sul set, è rientrata nel Regno Unito poco prima dello scoppio della pandemia di Covid-19. Non essendosi vaccinata ha avuto difficoltà a tornare sul set; oltre a ciò, l’attrice ha condiviso su Twitter un video dove veniva messa in dubbio l’efficacia dei vaccini e veniva consigliato di prestare cautela nei confronti degli stessi. Questo comportamento, unito a presunti no vax commenti fatti sul set, ha causato continue polemiche soprattutto su internet, dove l’attrice è stata fortemente criticata e accusata di diffondere informazioni fuorvianti.

L’inaspettata morte di Chadwick Boseman è stato il secondo ostacolo: l’attore che interpretava T’Challa, protagonista del primo capitolo di Black Panther, è stato colpito da un cancro al colon, causa della sua scomparsa.

Questi eventi hanno influito sulla scrittura della sceneggiatura, che è stata rivista diverse volte, e sulla data di pubblicazione, che è stata spostata di diversi mesi.

DUE POPOLI ALLO SPECCHIO

Durante i 141 minuti della proiezione, lunghi ma ben ritmati, vengono seguite le vicissitudini del Wakanda dopo la morte di Re T’Challa, scomparso in seguito a una malattia misteriosa. Da questo momento di difficoltà il regno, che si è da poco rivelato pubblicamente alle nazioni della Terra, si rialza passo dopo passo. La trama segue in particolare la maturazione di Shuri (Letitia Wright), sorella di T’Challa, e la crescita che le permetterà di riuscire a mettere alle spalle la morte del fratello. Tutto questo accade in contemporanea alla guerra con il regno sommerso di Tlālōcān, guidato da Namor (Tenoch Huerta), che per evitare di essere colonizzato da parte degli umani vorrebbe essere il primo a colpire.

La costruzione dei personaggi viene fatta in maniera speculare e questo contribuisce a offuscare il confine tra bene e male: i protagonisti, Shuri e Namor, si rivelano infatti molto simili.

Entrambi hanno visto morire persone a loro care, hanno grande responsabilità nei confronti dei popoli che rappresentano e sono accecati da una rabbia che fa cercare loro vendetta in modo violento.

Shuri, in particolare, ripercorre dei passi che fino all’ultimo sono in bilico tra quelli di T’Challa, dal cuore nobile, e quelli di Killmonger (Michael B. Jordan), più vendicativo.

La scena chiave, ripresa all’inizio e alla fine della pellicola, fa capire come la ragazza passi da una fase più ingenua, in cui non vuole neanche pensare alla morte del fratello per il dolore che le provoca, al momento in cui trova una pace interiore, bruciando delle vesti funebri (gesto che indica nella cultura del Wakanda il superamento di un lutto) come la madre le ha chiesto di fare inizialmente.

IL POTERE DEI DETTAGLI

Dal punto di vista estetico, il film è estremamente curato. Le scenografie e i costumi sono pieni di dettagli, la contrapposizione di palette cromatiche tra la capitale desertica del Wakanda e il regno sommerso di Tlālōcān è efficace a creare un contrasto semiotico, oltre che di opinioni.

Particolarmente efficace l’uso dello slow motion nel racconto che soprattutto durante le prime e le ultime fasi del racconto è funzionale a rappresentare gli stati d’animo dei personaggi.

Un aspetto tecnico interessante è l’uso di lenti anamorfiche. Questa decisione, che distorce l’immagine, vuole riflettere la condizione mentale in cui i membri del cast, sia nella realtà che nei ruoli interpretati, si trovavano all’epoca delle riprese. Coogler stesso ha spiegato: “Penso che questo film abbia uno strato di dolore che lo ricopre. Le lenti anamorfiche modificano l’immagine, come quando dopo un lutto la nostra visione del mondo può essere deformata.”.

NON è TUTTO ORO QUEL CHE LUCCICA

L’aspetto forse meno curato è la spiegazione delle motivazioni di Namor, che non sono raccontate in modo convincente.

Per quanto venga fatto vedere come sin da bambino debba assistere alle atrocità che gli abitanti della superficie terrestre commettono conquistando altri popoli, non è spiegato in maniera abbastanza convincente quanto la guerra sia per lui una risposta inevitabile all’ineluttabile scoperta di Tlālōcān.

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