L’hype dell’IA arriva anche in Europa: dopo Vedrai, ecco Mistral, la startup francese da 200 milioni che ha un sito vuoto

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Qualcuno storce il naso sulle valutazioni colossali, ma per una volta i Venture Capital europei stanno provando a giocare alla pari con quelli della Silicon Valley.

Quattro settimane di vita, 105 milioni di finanziamento, neanche un euro di fatturato, e un sito di tre righe che sembra fatto da miocuggino. Sono pazzi i venture capital d’Oltralpe ad aver finanziato Mistral AI, la società fondata un paio di mesi fa da Arthur Mensch (ex Deepmind) e due ex manager di Meta (Timothée Lacroix e Guillaume Lample)? Se lo sono, la pazzia si è diffusa anche in Italia, perché tra i fondi che hanno investito in Mistral c’è anche Exor, la cassaforte di casa Agnelli.

Mistral si pone come obiettivo quello, ambizioso, di “rendere l’intelligenza artificiale utile”, e secondo i piani lancerà i primi modelli di IA generativa sviluppati in casa nel 2024.  La startup francese è però solo un tassello di una politica europea che sembra finalmente aver compreso che la sfida sull’intelligenza artificiale è esiziale. Prima di Mistral, c’è stato infatti in Italia il caso di Vedrai, fondata dal giovane Michele Grazioli (oggi 28enne), che dopo aver chiuso il 2020 con poco più di un milione di euro di fatturato si è portata a casa un round da 40 milioni, facendo montare i rumors sui social – ivi incluso Linkedin – sul fatto che la startup fosse una sòla (c’è chi ha avuto il coraggio di definirla “la nuova Parmalat”).

Ma la realtà è ben diversa, e chi ha utilizzato finora i canoni classici per effettuare le valutazioni (moltiplicatori di fatturato, net present value etc) dovrà necessariamente cambiare i propri paradigmi, perché Vedrai e le sue sorelle stanno costruendo la nuova malta con cui saranno eretti i pilastri della società di domani.  

Un concetto che è già molto chiaro in Cina – dove si è puntato da tempo sull’IA in chiave sorveglianza, con i campioni locali quali DJI, Sensetime e UBTech Robotics – e soprattutto in Silicon Valley, che non a caso ha generosamente contribuito nel giugno di quest’anno alla ricapitalizzazione di Inflection AI: la startup di Mustafa Suleyman (anch’egli ex Deepmind) con meno di un anno di vita, e nota per aver creato il chatbot Pi, capace di raisare 1,3 miliardi di dollari da un pool di investitori tra cui il fondatore di LinkedIn, per una valutazione totale da 4 miliardi.

Le valutazioni non includono solo il mondo dell’IA, ma si allargano anche a quelle del cosiddetto “metaverso”: oltre alla cinese Bytedance, quotata oltre 100 miliardi di dollari, ce ne sono altre più “piccole” come RecRoom, un social network per gamers e creators, fondata a Seattle nel 2016 e valutata oltre 3 miliardi, l’altra californiana Genies, che crea avatar per individui e communities, ma anche la svizzera MindMaze, che ha raggiunto lo status di unicorno (valutazione sopra al miliardo di dollari) già nel 2016 per le sue interfacce uomo-macchina.  Il gap delle nostre realtà con il mondo cinese e statunitense rimane quindi ampio, in un contesto italiano dove le realtà con capitalizzazioni più alte sul mercato sono sostanzialmente le stesse da quarant’anni, e derivano dalle industries più solide e analogiche che esistano. Ma qualcosa si sta iniziando a muovere, e probabilmente nella direzione giusta, per tentare di inserirsi nella prossima grande ondata di innovazione digitale: qualcosa su cui la Francia, sotto la guida dello scaltro Macron, ha iniziato a investire parecchio tempo fa, e su cui Londra non ha certo patito la Brexit, e rimane polo capace di attrarre talenti e capitali nel settore digitale. 

Roma, lo sappiamo, non è stata costruita in un giorno, ma contiamo che la versione digitale del suo Impero possa contare su tempistiche di sviluppo meno bibliche.

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